
Durante un incontro conoscitivo non esistono domande utili o inutili, oneste o a trabocchetto, ma solo mirate a verificare l’idoneità di un candidato al ruolo richiesto. Con queste 10 domande più frequenti in un colloquio di lavoro, è impossibile arrivare impreparati!
Alcuni lo vivono con tranquillità, altri lo affrontano con grande preoccupazione. Qualunque sia l’atteggiamento dei candidati in vista del colloquio di lavoro, non c’è dubbio che si tratti di un momento delicato e importante, da affrontare il più possibile con serenità, senza però prenderlo alla leggera.
Lo scopo dei selezionatori è porre il candidato di fronte a continue scelte, per valutare le sue doti riflessive e comunicative. Spesso l’atteggiamento che si tiene durante la discussione rispecchia infatti la forma mentis con cui si affronterà il lavoro in azienda.
Per un incontro vincente, ecco le 10 domande più frequenti in un colloquio di lavoro!
1. Una delle domande più frequenti in un colloquio di lavoro: “Ci parli un po’ di lei”
Sebbene lo scopo della domanda sia rompere il ghiaccio all’avvio del colloquio, sarebbe un errore considerarla semplice o poco rilevante. Essa è al contrario cruciale per dare fin da subito la giusta impressione, poiché permette ai selezionatori di verificare le nostre doti comunicative, la capacità di analizzare i concetti, sintetizzarli ed esporli in modo efficace.
Per non entrare in confusione e non fare scena muta è consigliato arrivare preparati. Prima del colloquio facciamo mente locale su tutti gli elementi che ci caratterizzano in ambito professionale, concentrandoci sugli aspetti più rilevanti.
Raccontiamo brevemente ai recruiters chi siamo, quali studi abbiamo condotto e qual è la nostra attuale occupazione. Attraverso l’esposizione delle nostre esperienze lavorative più interessanti possiamo dare una testimonianza del percorso da noi intrapreso, soffermandoci poi sul motivo per cui ci troviamo lì.
Nel corso dell’intervista ci sarà occasione di esporre questi punti in modo più approfondito. Per ora limitiamoci a una sintesi delle nostre caratteristiche principali, menzionando doti personali solo se possono essere concretamente applicate in ambito professionale: essere simpatici non è una garanzia di affidabilità in un’azienda, ma la puntualità, la creatività e lo spirito di adattamento sono skill ben valutate dai manager.
2. “Esponga i suoi pregi e i suoi difetti”
Ogni essere umano è caratterizzato per natura da punti di forza e debolezze, che vengono volutamente fatti emergere dai selezionatori tramite le domande più frequenti di un colloquio di lavoro. Ciò che questi ultimi vogliono verificare è la capacità di un candidato di analizzare il proprio modo di essere in modo critico e onesto, nonché la sua ambizione nel migliorarsi.
È probabile che i recruiters ci chiedano una breve lista di pregi e difetti. Siamo sintetici e non superiamo mai il numero di tratti da essi richiesto. Appuntiamo le nostre idee prima dell’incontro, stilando un elenco di doti e criticità rilevanti in ambito lavorativo.
Anche raccogliere informazioni sull’azienda e sulla sua mission ci permetterà di indirizzare il discorso. Selezionamo i pregi che più potrebbero portare dei vantaggi all’impresa, rileggendo con attenzione l’annuncio di lavoro. Anche in questo caso è legittimo parlare di caratteristiche personali, a patto che siano utili allo svolgimento del lavoro. Siamo sinceri e accompagnamo punti di forza e di debolezza con un breve racconto dei contesti in cui sono emersi.
È una buona idea esporre doti organizzative come l’affidabilità e la puntualità, o relazionali, come l’educazione, la voglia di collaborare, la pazienza e la capacità di ascolto. In un candidato viene ricercata anche l’ambizione e la passione, nonché l’immancabile dote di problem solving1.
Parlare dei difetti mostra ai selezionatori su quali punti il candidato vorrebbe migliorarsi, affrontando un percorso di formazione o di potenziamento personale. Questo atteggiamento critico viene valutato positivamente dalle aziende, che tendono a rifiutare le figure dalla personalità troppo statica. Diamo prova di aver capito dove sbagliamo e come correggere difetti come l’eccesso di competitività, l’ansia, la lentezza, il disordine, la tendenza a procrastinare e così via. Evitiamo inoltre di esporre difetti che cozzino troppo con i criteri richiesti dall’azienda, per non dar prova di non essere il candidato ideale2.
3. “Perché desidera questo ruolo e perchè dovremmo scegliere lei”?
Mostrare ai manager il proprio valore è l’obiettivo finale di ogni colloquio di lavoro, uno scopo che il candidato ha in mente fin dalla stretta di mano. Non è tuttavia cosa facile spiegare agli interlocutori il motivo per cui ci si ritiene perfetti per il ruolo.
Il rapporto tra lavoratore e azienda è uno scambio reciproco e nel corso del colloquio è importante esporre in modo convincente cosa entrambi possono offrire all’altro.
Prima dell’incontro appuntiamo gli elementi che più ci potrebbero aiutare a rispondere alla domanda e durante l’intervista menzioniamo doti che non solo ci rendono indispensabili per l’azienda, ma anche unici. Oltre alle hard skills (competenze tecniche o di settore), anche le soft skills (competenze trasversali e interpersonali) rappresentano un’ottima risorsa. Entrambe possono essere monitorate con un assessment e migliorate con i percorsi di formazione personalizzati Braavery.
Facciamo riferimento a titoli di studio, corsi di specializzazione o di aggiornamento, ma soprattutto agli obiettivi raggiunti con successo nelle esperienze passate. Mostriamo con sicurezza (ma senza arroganza) che siamo i migliori per il ruolo.
4. “Quali sono le sue esperienze più rilevanti?”
Le esperienze sono la testimonianza di come un candidato ha saputo applicare le proprie capacità in altri contesti lavorativi. Sebbene il CV le esponga con precisione, durante l’incontro conoscitivo è utile contestualizzarle ed esporre le più importanti.
Nel rispondere alle domande più frequenti in un colloquio di lavoro è bene cercare di essere brevi ed evitare di menzionare esperienze irrilevanti ai fini del ruolo per i quali ci si propone. Partendo dalle esperienze più recenti si può andare a ritroso approfittando della domanda posta per sottolineare anche le competenze messe in atto durante i diversi impieghi, nonché quelle apprese o potenziate.
In questa occasione è possibile esporre le proprie competenze trasversali, tecniche o settoriali. La domanda non mira solo a valutare il percorso professionale di un candidato, ma a capire come egli ha affrontato situazioni diverse.
Cosa ci hanno insegnato le passate esperienze, quali obiettivi che ci hanno permesso di raggiungere e quali doti hanno fatto emergere?
5. “Perché sta lasciando il suo attuale lavoro?”
Ci sono molti motivi che spingono un impiegato a lasciare un lavoro. La nostra risposta, per quanto sincera, deve però essere professionale e non cozzare con ciò che la nuova azienda richiede.
Evitiamo di parlare male di datori di lavoro, manager e colleghi con cui abbiamo avuto a che fare nel nostro percorso professionale. Questo perché dobbiamo dar prova di saperci relazionare con il team e con i nostri superiori, nonché di avere una visione obiettiva delle nostre esperienze lavorative.
Possiamo rispondere alla domanda elencando ciò che dei lavori precedenti non ci ha del tutto convinto – e sottolineando ciò che la nuova azienda potrebbe offrirci – oppure mostrando motivazione e voglia di crescere professionalmente, affermando che la ricerca di un nuovo posto di lavoro corrisponde a un obiettivo di apprendimento, miglioramento e realizzazione personale, occasioni che il nostro vecchio lavoro non poteva più offrirci3.
6. “Come si trova a lavorare in squadra?”
Il nostro modo di approcciarci alla domanda dipende dal tipo di ruolo che andremo eventualmente a ricoprire. Se le mansioni richiedono contatti frequenti con i colleghi, la capacità di teamwork potrebbe essere una dote fondamentale. Un lavoro solitario richiede invece una completa autonomia.
Manteniamoci su un terreno neutrale affermando che siamo in grado di gestire con intraprendenza e indipendenza il nostro lavoro, ma che sappiamo anche trarre il meglio dalle interazioni con i colleghi, sfruttando le esperienze, le competenze e i punti di forza degli altri per portare a termine gli obiettivi.
7. “Quali sono i suoi obiettivi professionali?”
Individuare gli obiettivi di un candidato permette ai selezionatori di verificare le sue ambizioni e comprendere quanto un individuo sia disposto a investire per realizzare i propri sogni professionali.
Un buon modo per rispondere al quesito (che è una delle domande più frequenti in un colloquio di lavoro) è fare in modo che le nostre spiegazioni esaltino la scelta di aver risposto all’annuncio di lavoro. La posizione per la quale ci stiamo proponendo non è infatti solo una tappa casuale nel nostro percorso, ma è in linea con le nostre aspirazioni.
Possiamo anche evitare di concentrarci troppo sul futuro, optando piuttosto su un ideale di costante miglioramento delle nostre competenze, sulla voglia di fare esperienza, di accogliere nuove sfide professionali e sul valore imprescindibile dell’apprendimento.
8. “Dove si vede tra alcuni anni?”
Un candidato che sa immaginare un futuro non troppo lontano dimostra senso critico, capacità analitica e una buona dose di ambizione. Non sapere cosa ci riserverà il futuro è normale, ma evitiamo di dare risposte troppo vaghe o incerte.
Il giusto approccio potrebbe variare a seconda del ruolo per il quale ci stiamo candidando o di ciò che l’azienda richiede al candidato, ma l’impressione che dobbiamo dare è di non volerci lasciare andare alla staticità.
Mostriamo la volontà di crescere professionalmente, di avere bisogno di nuove sfide e stimoli e di voler costantemente potenziare le nostre competenze. In vista di un cambiamento di lavoro possono venirci in aiuto i programmi di skill assessment online – come quello di Braavery – che puntano all’individuazione dei gap di competenza di un dipendente e alla scelta di un percorso formativo adeguato.
9. “Cosa fa per aggiornarsi?”
Tra le domande più frequenti in un colloquio di lavoro c’è anche quella relativa alla nostra capacità di aggiornarci. In un mercato del lavoro in costante cambiamento, una delle skill meglio valutate è infatti la capacità di adattarsi alle evoluzioni. I selezionatori potrebbero essere interessati alla nostra volontà di crescere professionalmente e di migliorare gli aspetti di noi stessi su cui è ancora necessario lavorare.
Accettiamo il fatto che non siamo lavoratori perfetti, ma nel rispondere mostriamo passione e impegno. Individuiamo alcune lacune e spieghiamo ai selezionatori quali metodi seguiamo per colmarle.
La volontà di imparare permette a un candidato di essere in grado di adattarsi con flessibilità a eventuali cambiamenti interni all’azienda. Aggiornarsi e potenziare le proprie skill dà inoltre prova di voler lavorare al meglio delle proprie possibilità, accogliendo le opportunità di crescita con intraprendenza.
10. “Quale stipendio ritiene essere più adeguato?”
Questo è forse uno dei quesiti che più mettono in difficoltà le persone, poiché dare un valore al proprio tempo, alla propria esperienza e alle proprie competenze non è immediato.
Non c’è una risposta corretta e una sbagliata, a patto che non rispondiamo con un lapidario “non lo so”. Valutiamo anche in questo caso l’azienda, il ruolo che andremo eventualmente a ricoprire e tutte le nostre esperienze lavorative passate. Informiamoci inoltre su quanto la posizione offerta viene mediamente pagata, per poter avere un’idea generica.
Possiamo stabilire una cifra base sotto la quale non siamo disposti a scegliere, facendo dei confronti sullo stipendio ottenuto dalle precedenti professioni, oppure possiamo stabilire un intervallo di cifre per creare uno spazio di discussione all’interno del quale è possibile contrattare.
Evitiamo di essere troppo ambiziosi, ma anche di chiedere troppo poco, per non dare l’impressione di non avere autostima. Le nostre skill e le nostre esperienze hanno un valore agli occhi dei recruiters solo se siamo noi i primi a non svalutarle.
Queste sono solo dieci delle domande più frequenti in un colloquio di lavoro. Conoscere le più frequenti ci aiuterà ad affrontarlo, ma è bene essere pronti anche alle domande più inaspettate.
Secondo le statistiche a un mediocre colloquio difficilmente segue una seconda possibilità e il 52% dei recruiters decide a chi affidare il ruolo tra il primo e il secondo colloquio4.
Diamo dunque il massimo senza farci prendere dall’insicurezza.
Sabrina Bocchino
Note
- https://www.jobbydoo.it/blog/pregi-difetti-colloquio
- Ibidem
- https://blogtalentlab.it/perche-vuoi-questo-lavoro-perche-vuoi-cambiare-lavoro-colloquio/
- https://www.adecco.it/come-trovare-lavoro/colloquio