
La digitalizzazione delle imprese in questi mesi di lockdown è diventata evidente in numerosi settori, ma le aziende italiane sono davvero preparate ad affrontare l’evoluzione?
Il nuovo Coronavirus, etichettato come Covid-19, ha cambiato radicalmente il nostro modo di vivere la quotidianità, le relazioni umane e il lavoro, frantumando le poche certezze e ridisegnando il tessuto sociale sotto il segno di una nuova, più radicata insicurezza. Sono molte le domande che circondano la diffusione del virus, ma una cosa è certa: il mondo non dimenticherà facilmente la pandemia e le sue conseguenze.
Se da un lato il Covid-19 ci ha messi all’angolo, svelando le nostre debolezze, c’è una faccia ancora poco conosciuta del virus, quella più “rivoluzionaria”, che ci ha posti di fronte alle nostre potenzialità e a una pressante necessità di cambiamento.
Smart working, un modello di lavoro digitale e flessibile
La dichiarazione in Italia dello stato di emergenza per il Covid 19 ha gettato la popolazione in uno stato di profondo sconforto, minando le libertà personali del singolo e mettendo a repentaglio uno dei basilari diritti dell’essere umano: il lavoro. Molte aziende hanno fronteggiato la pandemia con la chiusura, altre sono state costrette a limitare drasticamente le attività permettendo agli impiegati di accedere alla cassa integrazione, mentre altre ancora hanno ideato scappatoie ingegnose per far fronte a un evento che, sotto molti punti di vista, si sarebbe rivelato catastrofico.
Sono proprio queste ultime ad aver dato un contributo importante a studi e sondaggi sulla digitalizzazione delle imprese ai tempi del Covid, dimostrando che restare a galla durante la pandemia è possibile (e con buoni risultati) grazie al ricorso massiccio a un workflow sempre più flessibile e a un mirato potenziamento dei sistemi digitali.
In una società sempre più limitata nei contatti e negli spostamenti è diventato evidente quanto lo sviluppo tecnologico potesse rimediare a molte mancanze causate dallo stato d’emergenza, senza però sostituire del tutto l’intervento umano, ancora fondamentale per il funzionamento del meccanismo aziendale.
Una dimostrazione evidente della coesistenza favorevole tra competenze umane e risorse digitali è il modello di lavoro da remoto, solo uno dei tanti aspetti di una modernizzazione che tocca diversi ambiti.
Lo smart working, detto anche lavoro a distanza o lavoro agile, si è rivelato nei mesi di lockdown una delle soluzioni più brillanti in numerosi settori, non solo per far fronte all’assenza forzata del personale sul luogo di lavoro, ma anche per agevolare la gestione da parte dei lavoratori di una vita personale e familiare ormai priva di punti fermi.
Nel corso della crisi sanitaria del 2020 questo modello ha registrato un aumento notevole, da una piccola percentuale di lavoro in smartworking precedentemente all’emergenza Covid (circa 1,2% del personale impiegato in aziende in cui la presenza in sede non è strettamente indispensabile) fino a un 8,8% solo tra marzo e aprile (21,6% nelle medie imprese e 31,4% nelle grandi)1.
L’incremento di questo modello si è rivelato essenziale non solo per la limitazione dei contagi sul luogo di lavoro, ma anche per far fronte a una crisi economica, oltre che sanitaria. Lo smart working e il potenziamento digitale del sistema lavorativo nel mondo e, in misura minore, in Italia, ha favorito la ripresa di molte realtà aziendali di fronte alla prospettiva di un drastico rallentamento.
Di conseguenza il potenziamento tecnologico ha subito un’impennata per restare al passo con le nuove necessità: il 60% delle imprese internazionali ha investito o si è dichiarato disposto a investire nell’acquisto di nuovi software e sistemi per snellire lo smart working, condizione necessaria per fare in modo che questa moderna modalità di lavoro venga svolto al pieno delle sue potenzialità2.
L’avvento di uno smart working più esteso non è tuttavia privo di problemi. Molte aziende che hanno accolto il modello di lavoro da remoto si sono adattate in tempi brevi e con elasticità mentale e organizzativa. Altre si sono al contrario dimostrate impreparate idealmente e concretamente all’assunzione di nuovi sistemi.
Un importante studio condotto da Capterra su otto Paesi europei (Brasile, Spagna, Italia, Germania, Francia, Olanda, Gran Bretagna e Australia) ha evidenziato come in linea generale, sebbene un’alta percentuale di imprese abbia risposto positivamente allo smart working, molte altre (il 60%) ritengono insostenibile la prosecuzione di questo sistema oltre i sei mesi3.
Anche in Italia il ricorso a un modello lavorativo più agile o digitalizzato ha raggiunto cifre interessanti (il 46% delle piccole e medie imprese ha iniziato a offrire i propri servizi online, o intende farlo, mentre il 57% ha adattato il ruolo dei propri dipendenti all’emergenza). L’approccio italiano rivela tuttavia una più scarsa organizzazione a lungo termine rispetto agli altri Paesi presi in esame. Il 69% di aziende nel nostro Paese si dicono infatti impreparate a mantenere stabile questo nuovo metodo lavorativo. Il risultato dell’analisi pone al primo posto la Germania, pronta ad affrontare con ottimismo e una più potente digitalizzazione le conseguenze della pandemia4.
E-Commerce e Cybersecurity: la digitalizzazione dell’attività di vendita
Il potenziamento della digitalizzazione delle imprese a causa dell’emergenza Covid non si è concretizzato solo nell’adozione del lavoro da remoto, ma è parso evidente nelle stesse modalità di gestione di molte imprese, tra cui spiccano gli esercizi commerciali. Questi, di fronte alla prospettiva di una chiusura o di una rigida applicazione di limiti, hanno trovato il modo di migliorare la propria presenza online offrendo ai clienti la possibilità di uno “shopping digitale”.
Sono molti i dati e gli studi che hanno sottolineato in tal senso un andamento positivo. Secondo le analisi le aziende mondiali che hanno potenziato le vendite online nel corso dell’emergenza Covid e che hanno visto una crescita notevole della clientela fin dalle prime settimane di emergenza corrispondono al 77% 5.
Sembra proprio l’e-commerce infatti, il protagonista di questo lockdown, una tendenza derivata in parte da abitudini già consolidate negli anni precedenti, ma potenziata dalle necessità della pandemia. Il successo degli e-commerce – così come quello dello smart working – dipende naturalmente dallo sviluppo digitale delle aziende e questo denota ancora una volta quando la diffusione del Covid-19 sia stata cruciale nella spinta al cambiamento tecnologico delle imprese.
Il boom degli acquisti online nel 2020 non è uguale per tutti i settori, con un’incidenza maggiore nelle categorie dei prodotti casalinghi e di arredamento (settore che cresce del 25% rispetto al 2019), degli articoli di informatica ed elettronica (+17%) e prodotti per il tempo libero (con una crescita del 21%), con un interessante aumento dello shopping alimentare (+19%).
In rallentamento rispetto alle stime la vendita di articoli d’abbigliamento (+16% ), mentre calano soprattutto le transazioni online di beni e servizi relativi al settore turistico, che il lockdown ha messo in ginocchio, con una crescita ferma al 7% in più6.
Secondo le previsioni il 2020 segnerà un aumento degli acquisti online del 55%, avvantaggiando tutte quelle imprese che hanno sfruttato le nuove necessità della pandemia per potenziare i propri sistemi tecnologici, migliorare l’esperienza di vendita negli e-commerce preesistenti e convertire gli esercizi commerciali fisici in nuovi e-commerce, basati su piattaforme affidabili e protetti da mirati sistemi di sicurezza 7.
I sistemi tecnologici non hanno però decretato un calo delle risorse umane: il settore delle vendite ha fatto fronte al boom commerciale tramite l’assunzione di addetti ai magazzini, al packaging e alle consegne.
Ne deriva che la buona risposta delle aziende alla necessità di digitalizzare il lavoro e le sue modalità corrisponde alla loro capacità di adattarsi alla crisi e di superarla.
Campagne e presenza sul web: la digitalizzazione delle imprese a favore della brand awareness
La digitalizzazione delle imprese non si percepisce solamente attraverso la flessibilità lavorativa e le vendite, ma si registra anche nella brand awareness. In tempi di crisi come quelli in cui la diffusione del Covid ha gettato la società, è il web la piattaforma a cui il singolo si è rivolto. Far sentire la propria presenza sul web è un passo fondamentale per le aziende che non vogliono farsi frenare. Siti web, attività social, campagne pubblicitarie mirate e attuali: il web si è rivelato anche in tempi di quiete un ottimo canale di promozione e crescita e ha dimostrato di esserlo soprattutto in un momento in cui il distanziamento forzato tra impresa e cliente doveva essere abbattuto in altro modo.
Il web marketing è già stato individuato dalle aziende come valida strategia per amplificare la visibilità di un brand ed è diventato uno dei sistemi pubblicitari più efficaci negli ultimi anni. Il Covid ha evidenziato in modo ancora più lampante quanto la digitalizzazione delle imprese anche nella brand awareness sia la strada per la sopravvivenza aziendale, sempre più convertite a strategie web.
Sono le realtà aziendali più presenti su internet e, nello specifico, sui social, quelle che sono riuscite a fronteggiare i limiti fisici creati dalla pandemia e a raggiungere i clienti tramite la digitalizzazione delle comunicazioni.
Mantenere questa rotta anche per il futuro può rappresentare una svolta per tutti quei brand che mirano a una fidelizzazione sempre più diretta e personalizzata.
Conclusioni
L’emergenza sanitaria Covid-19 ha dunque contribuito indirettamente a segnare quella che a tutti gli effetti sembra essere una nuova fase del lavoro aziendale, fatta di nuovi scenari rilevanti non solo in via temporanea, ma anche e soprattutto a lungo termine. Laddove il ripristino del lavoro è stato impossibile, le imprese hanno adottato su scala massiccia il modello lavorativo dello smart working, investendo su tecnologie più efficienti per lo svolgimento del lavoro agile e per la formazione continua on-line, particolarmente necessaria in un periodo di “rottura” come quello del Covid-19. Anche nel settore delle vendite la digitalizzazione delle imprese ha fornito una strada alternativa alla chiusura, grazie al boom degli e-commerce e di una maggiore attenzione alla sicurezza informatica nelle diverse fasi delle transazioni.
Questo, affiancato a una maggiore flessibilità delle aziende e all’assunzione di personale dotato di digital skills adeguate (da individuare e potenziare tramite i programmi di skill assessment di Braavery), può rappresentare la nuova frontiera del lavoro aziendale, non solo in riferimento a una società messa alle strette dal Covid, ma in vista di un mondo sempre più digitalizzato.
Fonti:
(1) https://www.corrierecomunicazioni.it/lavoro-carriere/smart-working/istat-in-italia-e-boom-smart-working-passano-allazione-anche-piccole-e-micro-imprese/
(2) https://www.manageritalia.it/it/management/covid-19-e-digitalizzazione-le-sfide-per-le-pmi
(3) Ibidem
(4) Ibidem
(5) https://www.bitmat.it/blog/news/96727/sopravvivere-al-covid-19-con-la-digitalizzazione
(6) https://www.ilsole24ore.com/art/e-commerce-17percento-2019-ma-coronavirus-stravolge-settore-ADA4HcR
(7) https://www.agi.it/economia/news/2020-05-07/ecommerce-lockdown-coronavirus-consumatori-online-8535596/
Sabrina Bocchino
Note
- https://www.corrierecomunicazioni.it/lavoro-carriere/smart-working/istat-in-italia-e-boom-smart-working-passano-allazione-anche-piccole-e-micro-imprese/
- https://www.manageritalia.it/it/management/covid-19-e-digitalizzazione-le-sfide-per-le-pmi
- Ibidem
- Ibidem
- https://www.bitmat.it/blog/news/96727/sopravvivere-al-covid-19-con-la-digitalizzazione
- https://www.ilsole24ore.com/art/e-commerce-17percento-2019-ma-coronavirus-stravolge-settore-ADA4HcR
- https://www.agi.it/economia/news/2020-05-07/ecommerce-lockdown-coronavirus-consumatori-online-8535596/